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gestore Alessandro Marniga e Maria Marniga
tel. 0364-74108 oppure Alessandro 340/0683139 - Maria 347/7863625
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- Rifugio Brandet (metri 1305 s.l.m.):
Gestore: RODONDI ROSINA
tel.: 3472909167
sito web: www.rifugiovalbrandet.com
- Pro loco (Ufficio turistico) Corteno Golgi
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- CAI Sottosezione di Santicolo:
tel. 0364-74559
Links utili:
L’accessibilità alle valli di Sant’Antonio dopo il paesino omonimo è di fatto limitata ai soli mezzi fuoristrada a trazione integrale, fatte salve comunque tutte le limitazioni all’uso della strada che viene riservata ai soli residenti proprietari di fondi o di rustici, nonché agli operatori del settore agro-silvo pastorale qualora muniti di permesso rilasciato dal Comune di Corteno Golgi.
Oltre le loc.tà Brandet (fino a 1305 m slm) e Campovecchio (fino a 1.350 m slm) il transito è ulteriormente limitato ai soli operatori del settore agrosilvopastorale ed al personale di sorveglianza, sempre previa autorizzazione rilasciata dal Comune.
A parte il consistente patrimonio edilizio, costituito fondamentalmente dall’abitato di Sant’Antonio e dalle numerose baite presenti, le due strutture più significative ai fini turistici e gestionali della riserva sono senza dubbio il Rifugio Campovecchio e il Rifugio Brandet, oggi in grado di offrire un punto di riferimento molto importante per i visitatori della Riserva.
Il richiamo turistico che la Riserva Naturale delle Valli di Sant’Antonio esercita nel contesto locale dei due comprensori lombardi della Val Camonica e della Valtellina è notevole, prova ne sono il flusso costante di visitatori del periodo estivo, accompagnato da un discreto flusso domenicale riscontrabile per il periodo autunnale e tardo-primaverile.
Alcuni eventi e manifestazioni di grande richiamo turistico, come l’ormai famosa Maratona del Cielo-“Sentiero 4 luglio”, portano inoltre all’attenzione del grande pubblico questo piccolo angolo di territorio montano che resta conosciuto anche all’interno del circuiti internazionali come una delle aree più belle e suggestive dove praticare la pesca sportiva di torrente.
Elemento caratterizzante le valli di Sant’Antonio rimane però l’acqua, che scorre copiosa e spumeggiante in quelli che devono ritenersi i torrenti più belli della Lombardia: solo marginalmente interessati da opere di regimazione idraulica, conservano ancora un’eccezionale naturalità. La grande vocazionalità ittica delle acque richiede una graduale conversione delle popolazioni artificiali oggi immesse per la pesca, in popolazioni autoctone di Trota fario (Salmo trutta trutta) e Scazzone (Cottus gobio) in grado di sostenere il proprio ciclo riproduttivo.
I caratteri qualitativi e quantitativi dei due principali corsi d’acqua (Valle di Campovecchio e di Brandet) che confluiscono nella Valle di Sant’Antonio poco più a valle dell’abitato omonimo (punto di confluenza a quota 1.110 m slm), conferiscono all’ambiente naturale prerogative e peculiarità uniche e di elevatissimo pregio naturalistico, tanto da giustificare l’istituzione della riserva nell’ormai lontano 1983 con obiettivi di salvaguardia ambientale ben specifici.Nella riserva naturale è possibile pescare (consulta il Regolamento della Riserva), limitatamente ai periodi di apertura che vanno dalla primavera fino all’inizio di ottobre, dietro corresponsione di un canone da versare al Comune di Corteno Golgi, al quale la Provincia di Brescia ha affidato in concessione la gestione della pesca su tutto il territorio comunale.
La pesca può essere inoltre esercitata in forme diverse a seconda dei tratti considerati, come stabilito dal regolamento e indicato anche sui cartelli informativi: nel Torrente Brandet sono attuabili diverse tecniche di pesca, mentre al torrente Campovecchio è riservata la Pesca a mosca. Il tratto più basso della Valle di Sant’Antonio viene invece utilizzato secondo le più svariate tecniche di pesca, sempre entro i limiti imposti dal regolamento vigente. A monte della confluenza fra la Valle di Sant’Antonio e l’Ogliolo (loc.tà Fucine 1000 m slm) vi è la zona di ripopolamento ittico.Al di là dell’aspetto estetico-visuale estremamente vario e spettacolare, le peculiarità naturalistiche del luogo legate alle sue qualità idrobiologiche si rendono del tutto evidenti anche nella composizione faunistica non necessariamente relegata alla classe dei pesci, ma strettamente dipendente dall’ecosistema acquatico d’acqua dolce. Prova ne sono la presenza di alcuni particolari indicatori biologici, che vanno da alcune specie rane e di tritoni, alla salamandra, alla biscia d’acqua, al merlo acquaiolo, al martin pescatore e altre specie che stabiliscono una relazione di stretta dipendenza con il corso d’acqua, fino a considerare attendibili anche alcune segnalazioni relative alla presenza della lontra che, pur essendo ormai scomparsa, sembra sia stata rinvenuta fino a non molti anni or sono lungo l’Ogliolo.
Molteplici e variegate per natura e origine le peculiarità naturalistiche che questa zona offre al visitatore: si va dagli insediamenti rurali caratterizzati da un evidente presidio antropico che si traduce nei coltivi e nelle architetture locali molto suggestive, fino alla zona dei prati-pascoli e degli alpeggi in quota, fino all’ambiente naturale più selvaggio e difficilmente accessibile dei ripidi versanti boscati, caratterizzato da un grado di naturalità decisamente interessante sotto il profilo scientifico.
Le zone anticamente presidiate dall’uomo presentano alcuni particolari elementi di pregio, che contribuiscono a rendere pressoché unico il paesaggio rurale che si incontra inoltrandosi all’interno della riserva.
Già all’inizio del percorso turistico più classico che parte dal piccolo centro abitato di Sant’Antonio, oltre all’attenta conservazione dell’antico nucleo rurale, si possono osservare alcune superstiti coltivazioni su terrazzamenti, ubicate principalmente in sponda sinistra della Valle di Sant’Antonio appena al di sotto della confluenza tra le due valli di Campovecchio e Brandet.
Anticamente i prati terrazzati venivano coltivati a scopo alimentare impiegando molteplici coltivazioni adatte al clima locale: patata, segale, orzo, rappresentavano le colture principali, cui si associavano sempre coltivazioni orticole, in particolare legumi e altre piante di uso zootecnico quali la rapa.
Il territorio è ancora ben conservato, con ponticelli in legno e baite di grande interesse architettonico che si richiamano alle dimore Walser, popolazione germanica stanziatasi nell'alto Vallese a partire dal X-XI secolo: le pareti dei fienili sono ottenute da travi di abete lavorate con un sistema ad incastro noto come "blockbau". La tutela di questo patrimonio edilizio, che richiede grande maestria nella lavorazione del legno e della pietra, è fra gli obiettivi prioritari della Riserva. Alcune recenti ristrutturazioni hanno salvaguardato la struttura classica ma, benché integrate nel paesaggio, svolgono oggi una funzione diversa da quella originaria, di cui hanno mantenuto l’abito esteriore.
Risalendo lungo il sentiero per Campovecchio ed inoltrandosi poi lungo entrambe le vallate di Campovecchio e Brandet, si incontrano numerosi ponticelli costruiti con particolari accorgimenti architettonici e strutturali che li rendono decisamente caratteristici di questo luogo.Esistono poi altri manufatti di un certo interesse, proprio perché di origine antropica e di inserimento ambientale di notevole effetto, perciò meritevoli di conservazione: si tratta dei muri in pietrame a secco e dei cosiddetti “bàrech”, ovverosia residui di antiche murature in pietrame a secco di forma grosso modo circolare utilizzate per il sconfinamento delle mandri o delle greggi al pascolo, dislocate in zone più alte in quota, relegate all’orizzonte alpestre.
Le zone caratterizzate da un più elevato grado di naturalità, entro le quali l’azione di presidio antropico si è fatta risentire in misura meno pressante, presentano una grande ricchezza di elementi floristici e faunistici già menzionati, che unitamente alle peculiarità idrobiologiche dei corsi d’acqua presenti conferiscono al paesaggio un notevole interesse naturalistico.
Cenni storici
Tutto il territorio della Valle di Corteno è stato anticamente legato - per condizioni ambientali, geografiche e storiche - più alla Valtellina che alla Valle Camonica, alla quale appartiene oggi amministrativamente. Lo sviluppo quasi simultaneo dell’arte rupestre preistorica nelle due Valli dell’Oglio e dell’Adda dimostra che i due territori siano abitati fin da tempi antichissimi. Questa simultaneità e contiguità geografica suggerisce che i Camuni (Camunni) e i Valtellinesi (Vennoneti) appartengano allo stesso ceppo etnico la cui origine - forse Ligure o forse Celtica – non è ancora del tutto certa.
Da Corteno passava, in epoca romana, la Via Valeriana che, partendo da Sonico, collegava il fondovalle camuno al passo dell'Aprica e da qui si scendeva in Valtellina. L'importanza storica del paese è in buona parte attribuibile alla sua posizione strategica a cavallo della più importante arteria viaria di collegamento tra le due vallate. Innumerevoli sono stati i popoli che, nei secoli, hanno occupato la Valle di Corteno a causa della sua posizione di confine e di passaggio preferenziale per gli eserciti che, dall’Europa centrale, volevano raggiungere la pianura padana: Alemanni, Longobardi, Carolingi, Ungari (che hanno lasciato testimonianza del proprio passaggio sia nella toponomastica locale sia nel famoso piatto locale a base di carne d'agnello, chiamato "Cuz" di chiara derivazione di uno dei più diffusi piatti tipici degli allevatori nomadi ungheresi: "huz"), Curia di Brescia, Guelfi e Ghibellini, Repubblica Veneta, Signorìe di Milano, Lanzichenecchi, Giacobini, Cosacchi, Austro-Ungarici, Piemontesi. Gli svantaggi di essere una zona di confine - quali il passaggio di truppe, le invasioni, i saccheggi, il brigantaggio - furono spesso compensati da vantaggi economici: dal 1500 al 1796, come sito confinario tra Stati sovrani Corteno, divenuto grosso centro di passaggio tra la Valle Camonica e la Svizzera, fu centro di importanti fiere e mercati. All'inizio del ‘900 Corteno divenne famoso per aver dato i natali a Camillo Golgi (1843), che fu insignito del prestigioso Premio Nobel per la Medicina nel 1906. Il “Museo Golgi”, inaugurato il 10 giugno 2006 su iniziativa dell’Amministrazione Comunale, è stato realizzato a pochi metri dalla casa natale del Premio Nobel e custodisce preziose testimonianze della vita, delle opere e delle scoperte scientifiche golgiane.
Il paese, come tutti i nuclei abitati dell'alta Valle Camonica, fu quasi in prima linea durante la Prima Guerra Mondiale e le epiche vicende adamelline passate della “Guerra Bianca” videro un pesante tributo di sangue tra i giovani locali. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale e nel travagliato periodo della Resistenza, Corteno venne riconosciuto come uno dei paesi più "partigiani" della Provincia di Brescia.
Le due valli furono sfruttate storicamente per l’attività estrattiva che era concentrata, per quanto riguarda la Val di Campovecchio, nelle località Culvegla, Telènek, Borga mentre, per la Val Brandet, interessarono il Torsolazzo, la conca di Picol, Barbione, Bondone e Calchera. Testimoniate sin dal 1476, le estrazioni riguardarono principalmente ferro (siderite e pirite) ma anche rame (calcopirite) e zinco (calamina). Si cercarono anche argento e oro. Dei cinque forni fusori attivi in Valle Camonica nel 1752, uno è proprio quello di Corteno. Dal XVIII secolo è accertata anche l’estrazione, in località Calchere, di steatite, definita “sapone di pietra di diversi colori” utilizzata “a levare da’ panni le macchie d’olio”. Dopo alcune nuove ricerche minerarie nel corso del ‘900, una delle quali commissionata dalla Fiat di Torino, i lavori vengono sospesi a causa dei costi rilevanti non più coperti dai ricavi. Del duro lavoro dei minatori, “che in quelle profonde caverne spezzano i monti, cavando il minerale, et altri che con zerletti un poco alla volta a testa china portando la lume in bocca lo asportano fuori della miniera” restano oggi, sul territorio delle due Valli, alcune testimonianze.
Il paesaggio vegetale si estende dai prati di fondovalle e dalle formazioni igrofile riparali fino ai pascoli d'alta quota, passando per tutti gli orizzonti intermedi. La formazione forestale dominante è la pecceta, costituita da abete rosso e raro abete bianco. Tra le latifoglie, l’ontano bianco e il salice caratterizzano le rive dei torrenti mentre sorbi, frassini, aceri e betulle incrementano la biodiversità delle abetaie. Luminosi lariceti lasciano il passo, salendo in quota, alle alnete, ai rodoreti, alle praterie alpine. Il paesaggio delle terre alte è impreziosito da laghi incantevoli, ancora poco conosciuti, come il lago di Torsolazzo, di Torsoleto, di Sonno e di Picol.
La flora della Riserva è quella tipica dei substrati cristallini acidi, ma le zone umide e torbiere, i laghi e i substrati carbonatici consentono l'ingresso di specie endemiche e rare, tra le quali si possono ricordare Aquilegia alpina, Isoetes echinospora, Drosera rotundifolia, Ranunculus trichophyllus e le rare Orchidee Listera cordata e Corallorhiza trifida.
Dal punto di vista faunistico la Riserva Naturale delle Valli di Sant’Antonio ospita numerose specie di pesci, rettili, uccelli, insetti e mammiferi tipici della fauna stanziale alpina, e tra queste spiccano diverse specie indicatrici o sensibili, conservatasi sull’arco alpino soltanto in corrispondenza di situazioni ambientali di ridotto presidio antropico.La consistenza delle popolazioni selvatiche è ottimale anche per effetto della presenza dell’Azienda Faunistico-Venatoria Belviso-Barbellino, da anni gestita secondo criteri selettivi di seria impostazione scientifica. L’Azienda faunistico-venatoria interessa, per complessivi 11000 ettari, porzioni territoriali delle Province di Brescia, Bergamo e Sondrio e include il SIC e la Riserva Naturale delle Valli di Sant’Antonio. La caccia, riservata ai soli soci, è disciplinata da una regolamentazione che prevede il prelievo di un determinato numero di capi in relazione alla dinamica delle popolazioni animali presenti, censite e monitorate costantemente dalla direzione tecnica dell’Azienda che si avvale di un nucleo di guardie venatorie oltre ad uno staff di biologi che curano gli aspetti zoologici e sanitari delle popolazioni animali presenti. La caccia è vietata all’interno della Riserva Naturale Regionale.
Tra i mammiferi si ricordano camoscio, muflone, capriolo, cervo, marmotta, ermellino, scoiattolo, lepre bianca e lepre comune, tasso, ghiro, riccio, faina e martora. La volpe é facilmente avvistabile, specialmente nel periodo invernale, quando é costretta a lunghi spostamenti in cerca di cibo e facilmente identificabile anche per le inconfondibili tracce sulla neve.
Tra i grandi rapaci é da segnalare l’aquila reale, diffusa la poiana e diversi falchi (principalmente gheppio e smeriglio), preferibilmente avvistabili in corrispondenza delle postazioni di media quota. Presenti anche molti dei rapaci notturni quali gufo comune, gufo reale, civetta nana, allocco.
Coturnice, pernice bianca, francolino di monte, gallo forcello e, recentemente accertato, il raro gallo cedrone frequentano, con buone densità, gli ambienti forestali meglio conservati, i pascoli alti, i lariceti e le cenge più inaccessibili.
Rettili e anfibi possono essere rinvenuti in stazioni particolari o estreme, i primi preferibilmente sui versanti assolati e rocciosi delle zone meno disturbate dal presidio antropico, comunque in vicinanza d’acqua, i secondi in vicinanza di torbiere, pozze o ristagni d’acqua. L’anfibio più diffuso è Rana temporaria.
Interessante anche la presenza di diverse specie di pipistrelli così come di alcuni insetti, la cui presenza è da ritenersi a volte utile per il mantenimento di buone condizione sanitarie del bosco, come ad esempio Formica rufa.