Nei secoli passati la spasmodica ricerca dei minerali ferrosi (siderite, pirite e limonite), della calcopirite e della steatite assunse un’importanza notevole nelle Valli di Sant’Antonio.
Un documento del 1766 parla di “una miniera di ferro posta nella Valle delle Fucine in loco detto Cosinetto, Bordone e la Casaza e Lugna, altro segno di miniera di ferro sita nel monte Torsellaio, altro segno di vena di ferro nella Valle di Traasina sopra la montagna di Culvegla tener suddetto”.
Numerosi sono gli abitanti di Corteno che con immenso sforzo e grande fatica lavorarono nelle miniere, fredde, poco illuminate, senza scolo per le acque e senza sistemi di diluizione dei gas tossici.
Tutto ciò fu la causa di numerose disgrazie, registrate tra il 1797 ed il 1799 che videro, per esempio, coinvolti molti operai delle miniere di Torsolaz.
La “catena minerario-industriale” era articolata su tre livelli:
- le miniere, site in genere a quote elevate, possedevano giacimenti di minerali da attaccare con picconi e zappe;
- vicino alle miniere si trovavano i forni di prima cottura detti legrane, mentre i forni fusori veri e propri, più complessi da gestire, erano realizzati in posizioni più facili da raggiungere)
- le fucine di lavorazione, dove il minerale veniva plasmato a secondo degli usi e delle richieste.
Tra le due guerre mondiali anche un colosso come la FIAT ottenne tutti i permessi del caso per accedere all’estrazione del ferro dalle principali miniere dei monti della Valle di Campovecchio e della Val Brandet.